ABSTRACT

La parola “inclusione” ha da qualche tempo arricchito il nostro vocabolario della sicurezza e assunto un ruolo importante in ambito normativo a partire dalle indicazioni del Codice di Prevenzione Incendi, che la considera tra i principi base per il conseguimento degli obiettivi della sicurezza antincendi. Ma chi ha seguito l’evoluzione normativa che ha condotto al D.M. 3/8/2015  e alle più recenti disposizioni in materia di sicurezza antincendi nei luoghi di lavoro, sa bene che questo aspetto ha un respiro ben più ampio e che questi risultati  innovativi sono il frutto di un intenso percorso che pone sicurezza al centro la persona e le sue specifiche necessita.

Dal D.M. 10/03/98 alla circolare 4/2002

L’attenzione al tema della sicurezza inclusiva negli ambienti di lavoro trova una prima esplicita considerazione nell’ambito del D.M. 10/3/1998, in particolare al punto 1.4.2 (Identificazione dei lavoratori e di altre persone presenti esposti a rischi di incendio) che dà indicazioni di considerare la presenza di “persone la cui mobilita, udito o vista sia limitata”. Il decreto doveva dare una risposta normativa alle indicazioni del D.L.gs 626/94, che nell’articolo 30 si soffermava proprio su questi aspetti: “I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap”. Sara quindi I ‘art. 63 del D.L.gs 81/08 a riprenderli, ma con una formulazione diversa per tener conto delle indicazioni nel frattempo emanate dall’OMS attraverso I’lCF: “I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili”. Il decreto del marzo 98 conteneva inoltre indicazioni sugli aspetti connessi con la gestione di situazioni emergenziali. Nell’allegato VIII, infatti, richiamava alla necessità che il piano di emergenza contenesse le “specifiche misure per assistere le persone disabili”, che poi sarebbero state meglio esplicitate al punto 8.3 (Assistenza alle persone disabili in caso d’incendio). Ma se da una parte le indicazioni normative risultavano sufficientemente chiare ed esplicite su questi temi, mancava ancora la parte operativa, ovvero quella che poteva maturare solo con la sperimentazione e il coinvolgimento dei lavoratori con specifiche necessità. Per questo nel 2001 venne istituito nell’ambito del Corpo Nazionale VV.F. un apposito gruppo di lavoro, di cui facevano parte anche le Associazioni delle persone con disabilità, che avrebbe poi elaborato il seguente materiale: b la Circolare n. 4/2002: “Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili”. D La pubblicazione “I l soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione dell’emergenza”. D La lettera-circolare n. P880 del 18/8/2006: “La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro: strumento di verifica e controllo (check-list)”. Il secondo e terzo riferimento, in particolare, erano strumenti applicativi della circolare 4/2002.

L’ICF e la convenzione delle NU: cambia il linguaggio

L’attuale approccio ai temi dell’inclusione, anche per gli aspetti connessi con la sicurezza, ha radici anche nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilita e della Salute (ICF), emanata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001 e più recentemente integrata con l’ICF-CY per considerare i parametri e le funzioni di bambini e adolescenti. Tale classificazione si pone l’obiettivo di descrivere lo stato di salute delle persone in relazione agli ambiti in cui vivono e si muovono (sociali, familiari, lavorativi) per cogliere tutto ciò che può causare difficolta. Nella sua formulazione viene usato un linguaggio che serva da modello di riferimento per descrivere le componenti della salute e degli stati ad essa correlati che sono descritte dal punto di vista corporeo, individuale e sociale. In quel contesto sono elencati quei fattori ambientali che possono determinare una condizione di disabilita [1]. Questa, infatti, viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive. “La consapevolezza di come ambienti diversi possano avere un impatto molto diverso sullo stesso individuo con una data condizione di salute diventa dunque dirimente in campo progettuale: ambienti con barriere, o senza facilitatori, limiteranno la performance individuale mentre ambienti facilitanti potranno favorirla” [2]. Nel 2006 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita, recepita nel nostro paese con legge 18/2009 [3], considera in modo esplicito anche gli aspetti connessi con la sicurezza e la gestione di situazioni emergenziali. Cosi si esprime, infatti, ‘art. 11 (Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie): “Gli Stati Parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e le norme internazionali sui diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali”. Le innovazioni del Codice 11D.M. 3/8/2015, ovvero quello che abbiamo imparato a chiamare confidenzialmente “codice di prevenzione incendi’, interviene in questo percorso in modo maturo perché nel frattempo si & anche consolidata una certa sensibilità e attenzione su questi temi grazie anche all’istituzione, nell’ambito del C.NMV.F., di uno specifico “Osservatorio sulla sicurezza e il soccorso delle persone con esigenze speciali”. Sara poi il D.M. 18/10/2019 a puntualizzare alcuni aspetti. È in quel contesto che trova spazio il concetto di “sicurezza inclusiva” definito nel seguente modo: “le diverse disabilita (ad esempio fisiche, mentali o sensoriali) e le specifiche necessità temporanee o permanenti degli occupanti sono considerate parte integrante della progettazione della sicurezza antincendio” (punto G.2.1.f). A questo si associa quello di “occupante’, identificato come una “persona presente a qualsiasi titolo all’interno dell’attività, considerata anche alla luce della sua modalità di interazione con I ‘ambiente in condizioni di disabilita fisiche, mentali o sensoriali”( G.1.6.5). È qui che s’incontra l’evidente contaminazione del Codice da parte dell’ICF, quando parla di interazione con I ‘ambiente, valorizzando così l’importanza di una progettazione che sia capace di facilitare la risposta a un evento emergenziale. Sono aspetti che fanno la differenza nella qualità del progetto di una sicurezza che sia capace di soddisfare le reali esigenze delle persone, per questo è importante sapere “chi sono” queste persone, individuarle e comprendere le loro capacità, caratteristiche e specifiche necessità, consapevoli che tali aspetti possono variare nel tempo in funzione di molti fattori legati a loro (ad esempio l’età) o alle condizioni ambientali (ad esempio I ‘incendio o l’affollamento), tanto da determinare disabilità situazionali. È per questo che la definizione stessa di “occupante” impone di soffermarsi sul suo significato reale da cui far discendere gli aspetti progettuali e gestionali. D’altra parte “la standardizzazione dell’essere umano attraverso modelli esemplificativi, largamente impiegata come riferimento nell’attività progettuale alle diverse scale, ha contribuito a generare opere e prodotti escludenti piti che esclusivi, non essendo in grado di rappresentare la complessità umana della popolazione. Le persone, infatti, hanno diversi livelli di funzionamento che in poche occasioni sono percepibili o deducibili nell’ordinario, ma che nelle situazioni critiche di un’emergenza potrebbero manifestarsi compromettendo le strategie di sicurezza adottate” [2]. Qualitativamente si possono definire alcuni macro ambiti con possibili ricadute nella risposta individuale a una situazione di emergenza e che per questo necessitano di una particolare attenzione nell’individuare la risposta progettuale più performante: ) le difficolta di movimento, che possono avere ricadute nel superamento di dislivelli in assenza di dispositivi adeguati, influenzare la velocita di spostamento, porre un limite alla distanza percorribile o manifestarsi con problemi di equilibrio o di “fatica neurologica” [4]; ) le disabilità sensoriali (vista e udito) che possono compromettere uno o più canali percettivi anche contemporaneamente. In caso di sistemi di allarme o di wayfinding che utilizzano un solo canale di comunicazione, sonoro o visivo, le persone interessate con tali disabilità perdono autonomia; ) nelle disabilita cognitive le capacità coinvolte sono quelle di comprendere ciò che sta accadendo e di elaborare le conseguenti risposte. In aggiunta non vanno dimenticate altre patologie invalidanti che in condizioni ordinarie consentono una buona autonomia, ma in emergenza, quando servono risposte più performanti e impegnative, possono compromettere la risposta. È il caso dell’insufficienza cardiaca o respiratoria, asma o assunzione di farmaci che possono alterare alcune funzionalità come riflessi, forza, concentrazione e altre ancora. Non va infine sottovalutata un‘altra circostanza: la maggior parte delle disabilità risultano invisibili all’osservatore, perché a meno della presenza di ausili come carrozzina, bastone o deambulatore per alcune disabilita motorie o cane guida o bastone bianco per condizioni di cecità totale, non vi sono indicatori capaci di dichiarare le esigenze della persona, che invece in emergenza possono palesarsi con l’esigenza di aiuto e/o di presidi e dispositivi adeguati. Le indicazioni progettuali del Codice Per fronteggiare tali aspetti il codice propone specifiche indicazioni progettuali. E senza dubbio il capitolo S.4 (Esodo) quello che contiene maggiori indicazioni al riguardo per agevolare le risposta delle persone con specifiche necessita. Al suo interno si trovano, infatti, indicazioni sulla qualità dei percorsi affinché a tutti sia garantita la possibilità di muoversi autonomamente. Tra questi aspetti, ad esempio, si considera una pendenza massima dei percorsi orizzontali non superiore a 5%, oltre la quale devono essere considerati come verticali (si vedano le definizioni contenute ai punti G.1.9.8 e G.1.9.9). Ma è certamente la parte dedicata alla “eliminazione o superamento delle barriere architettoniche per ‘esodo” (S.4.9) a giocare la parte del leone, in cui sono fornite indicazioni sulle modalità per progettare un sistema d’esodo considerando lo “spazio calmo” o un “esodo orizzontale progressivo”. Su questi aspetti non è da sottovalutare nemmeno il capitolo S.7 (Rivelazione e allarme), in cui si parla di multi sensorialità nella diffusione dei segnali di allarme per “per ottenerne una partecipazione collaborativa adeguata alla situazione di emergenza” (5.7.5). In merito a ciò è sempre il Codice a proporre soluzioni innovative per stimolare la ricerca di soluzioni capaci di soddisfare tutte le possibili necessita. “Per adattarsi alle esigenze degli occupanti”, chiarisce la nota al punto S.754 “possono essere utilizzati differenti dispositivi quali pannelli visivi, cercapersone di nuova generazione (ad esempio wi-fi paging systems, …), apparecchi vibranti (ad esempio sveglie interconnesse sulle postazioni di lavoro, vibrazioni su smartphone individuali o segnali sonori entro bande di frequenza specificatamente selezionate, …)”. Nello stesso capitolo si parla anche di altezza dei pulsanti di allarme “per consentire a tutti gli occupanti, anche a quelli che impiegano ausili di movimento, di inviare l’allarme d’incendio” (5.7.3). Nel capitolo S.5 (Gestione della sicurezza antincendio) l’attenzione verso questi aspetti s’incontra nella parte dedicata alla “preparazione all’emergenza” (55.7.4). Qui il livello di prestazione considera le “istruzioni generali per prestare assistenza agli occupanti con specifiche necessita” e le “istruzioni specifiche per prestare assistenza agli occupanti con specifiche necessita, in caso di presenza non occasionale’, mentre per i livelli ll e lll si parla invece di procedure per assistere occupanti con ridotte o impedite capacita motorie, sensoriali e cognitive o con specifiche necessita”.

I decreti del settembre 2021

Nei decreti 1, 2 e 3 settembre 2021, chiamati a sostituire il D.M. 10/3/98, si trova un’evidente traccia di questo percorso e contengono molte indicazioni sui temi dell’inclusione che vanno letti nel senso di una visione olistica che sappia garantire a tutti la sicurezza degli ambienti di lavoro. Di seguito se ne propone una lettura sintetica sui temi che riguardano la sicurezza inclusiva, ma ciò che deve risultare è la necessita di considerarli in sinergia tra loro e con l’obiettivo di mettere al centro la persona e le sue necessita.

D.M. 3/9/2021 (Decreto “Minicodice”)

Questo decreto estende |’applicazione del Codice a tutte le attività lavorative, con eccezione di quelle a basso rischio d’incendio, cosi come definite al punto 1 (Campo di applicazione) dell‘allegato |, per le quali si applicano i “criteri semplificati” proposti nello stesso allegato. Tenuto conto che a grandi linee le indicazioni del Codice sui temi della sicurezza inclusiva le abbiamo già tracciate, proviamo ora a vedere come gli stessi aspetti sono stati considerati nel contesto delle attività a basso rischio d’incendio a partire dal punto 3 (Valutazione del rischio d’incendio), che al punto 3.2 dà indicazioni di considerare la “quantità e tipologia degli occupanti esposti al rischio d’incendio” nonché la “valutazione qualitativa o quantitativa delle conseguenze dell’incendio sugli occupanti”. Il concetto di occupante |’abbiamo già definito e inevitabilmente rappresenta un riferimento anche in questi casi. Qui però non va considerato solo il lavoratore dipendente, come potrebbe ingannare il fatto che stiamo parlando di luoghi di lavoro, perché l’attenzione va posta anche a quei casi in cui possono aver accesso persone esterne all’attività, cosi come indicato in una nota al punto 1.2: “per occupanti si intendono le persone presenti a qualsiasi titolo all’interno dell‘attività”. La strutturazione ambientale e la sua gestione viene quindi considerata al punto 4 (Strategia antincendio) con l’indicazione che“ il datore di lavoro (o responsabile dell’attività) deve individuare le necessita particolari delle persone con esigenze speciali e tenerne conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio”. Il decreto torna quindi sui temi della sicurezza inclusiva considerando il sistema d’esodo (punto 4.2.3) con l’indicazione che “in tutti i piani dell’attività nei quali vi può essere presenza non occasionale di occupanti che non abbiano sufficienti abilità per raggiungere autonomamente un luogo sicuro tramite vie d’esodo verticali, deve essere possibile esodo orizzontale verso luogo sicuro o spazio calmo”.

D.M. 2/9/2021 (Decreto “GSA”)

Qui viene trattato il tema della gestione della sicurezza antincendio in esercizio e in emergenza, oltre che gli aspetti legati alla formazione degli addetti al servizio antincendio. Le prime indicazioni sugli aspetti della sicurezza inclusiva si incontrano nell’allegato Il (Gestione della sicurezza antincendio in emergenza) che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di predisporre e tenere aggiornata un piano di emergenza che deve contenere “le specifiche misure per assistere le persone con esigenze speciali” (punto 2.1). Successivamente indirizza l’attenzione proprio verso il tema della “assistenza alle persone con esigenze speciali in caso di incendio” (punto 2.3) riscrivendo grossomodo i concetti contenuti nel D.M. 10/3/1998 ma con un linguaggio più attuale e coerente con le competenze esperienziali acquisite in questo campo.

 

D.M. 2/9/2021 – Allegato Il ‘ 2.3. Assistenza alle persone con esigenze speciali in caso di incendio 1.1l datore di lavoro deve individuare le necessita particolari delle persone con esigenze speciali e ne tiene conto nella progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio, nonché nella redazione delle procedure di evacuazione dal luogo di lavoro. 2. Occorre, altresì, considerare le altre persone con esigenze speciali che possono avere accesso nel luogo di lavoro, quali ad esempio le persone anziane, le donne in stato di gravidanza, le persone con disabilita temporanee ed i bambini. 3. Nel predisporre il piano di emergenza, il datore di lavoro deve prevedere una adeguata assistenza alle persone con esigenze special, indicando misure di supporto alle persone con ridotte capacità sensoriali o motorie, tra le quali adeguate modalità di diffusione dell’allarme, attraverso dispositivi sensoriali (luci, scritte luminose, dispositivi a vibrazione) e messaggi da altoparlanti (ad esempio con sistema EVAC).

Qui acquista un certo interesse il riferimento alla norma UNI EN 17210 (Accessibilità e fruibilità dell’ambiente costruito — Requisiti funzionali), proposto in nota al predetto punto 2.3 e che in qualche modo si collega alla ISO 21542 (Building construction — Accessibility and usability of the built environment) citata in una nota al punto 5.4.9 del Codice. L’interesse è dovuto alla considerazione di questi autorevoli riferimenti sovrannazionali che trattano i temi dell’accessibilità dell’ambiente costruito e che acquistano la stessa dignità di altri ordinariamente considerati per aspetti di prevenzione incendi. Anche da ciò si percepisce la matura consapevolezza del normatore sull’importanza di questi aspetti nel contesto della sicurezza antincendio.

Le norme ISO 21542 ‘ e UNI EN 17210 entrambe queste norme trattano il tema generale dell’accessibilità degli ambienti costruiti, ma propongono anche approfondimenti sui temi della sicurezza in caso d’incendio. La 150 21542 (disponibili solo in lingua inglese) vi dedica il punto 11 (Fire safety and evacuation) e I’allegato A (Fire prevention, protection, safety and evacuation for all). Inoltre nell’allegato G (Human abilities and associated design considerations) fornisce indicazioni interessanti su aspetti progettuali associati a specifiche abilità delle persone presenti. La UNI EN 17210 (disponibile in lingua italiana) dedica il punto 14 al tema della “Sicurezza antincendio per tutti — Evacuazione e uscite di emergenza’, mentre l’allegato A contiene indicazioni sulla “Sicurezza antincendio per tutti negli edifici e l’evacuazione assistita’. In entrambi i casi la sicurezza antincendio è considerata parte integrante dell’approccio all’accessibilità degli edifici e non una condizione da considerare a posteri.

Mai il decreto del 2 settembre porta con sé altri aspetti che si legano al tema che stiamo trattando, uno su tutti riguarda il tema dell’informazione e formazione antincendio considerati al punto 1.2 dell’allegato | (Gestione della sicurezza antincendio in esercizio), in cui si può leggere quanto segue: “La comunicazione deve essere accessibile a tutti, anche attraverso strumenti compatibili con specifiche esigenze dei lavoratori”. Il lavoratore con specifiche necessità non diventa così un “lavoratore speciale” da considerare solo in certe occasioni, ma è parte integrante del sistema lavorativo e della sicurezza, così la sua presenza non deve essere considerata solo nelle occasioni critiche di un’emergenza, ma anche nella quotidianità. A tal proposito torna in mente quanto indicata nei principi ispiratori della Circolare 4/2002, ricordata all’inizio di questo contributo e ancora attuale nei suoi contenuti: D Prevedere ove possibile il coinvolgimento degli interessati nelle diverse fasi del processo). Considerare le difficolta specifiche presenti per le persone estranee al luogo di lavoro). Conseguire adeguati standard di sicurezza per tutti senza determinare alcuna forma di discriminazione tra i lavoratori. D Progettare la sicurezza per i lavoratori con disabilita in un piano organico, che incrementi la sicurezza di tutti, e non attraverso piani speciali o separati da quelli degli altri lavoratori. Un ultimo aspetto riguarda i percorsi di formazione del personale incaricato di gestire l’emergenza, nel cui ambito non si riscontrano indicazioni riguardo agli aspetti che stiamo trattando. In realtà “i programmi definiti per i tre livelli di rischio non vanno considerati esaustivi, come espressamente definito dalla norma, ma “minimi”, seppure spesso tale aggettivo non sia considerato con |’attenzione che merita, se non proprio dimenticato. La formazione degli addetti antincendio, infatti, deve essere oggetto di adeguata contestualizzazione al luogo di lavoro tenendo conto dei fattori che concorrono a definire il livello di rischio incendio dell’attività, oltre che sulla base degli indirizzi normativi” [5]. Va da sé che la formazione su questi aspetti va condotta in funzione delle specifiche necessita a cura di esperti della materia, ovvero che abbiano competente tali da riuscire a trasmettere informazioni corrette sugli aspetti caratterizzanti il problema e le modalità per mettersi in relazione e aiutare la persona interessata. D.M. 2/9/2021 (Decreto “controlli”) Il decreto definisce i criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, delle attrezzature e degli altri sistemi di sicurezza antincendio, nel cui ambito non vengono trattati esplicitamente i temi dell’inclusione. Eppure non è difficile incontrarlo quando nell’ambito di un’attività lavorativa sono impiegate attrezzature finalizzate a garantire la sicurezza delle persone con specifiche necessita. E il caso, ad esempio, di un dispositivo come la “sedia da evacuazione” che si sta molto diffondendo nei luoghi dove sono presenti persone con disabilita motorie. Non essendo disponibili in questo caso specifiche disposizioni normative, le attività di manutenzione e controllo periodico saranno condotte seguendo le istruzioni fornite dal fabbricante e dall’installatore, secondo i criteri indicati nell‘Allegato | (Criteri generali per manutenzione, controllo periodico e sorveglianza di impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio) del decreto. Conclusioni Nella cultura del terzo millennio il tema del rispetto delle persone, anche in condizioni di emergenza, rappresenta una prospettiva importante, per questo non si possono mettere da parte i principi su cui si basa una società inclusiva. Nella loro trattazione si considerano solitamente le persone con disabilita, ma includere ha un significato ben più ampio verso una condizione capace di soddisfare le necessita di tutti, anche di chi potrebbe vivere una condizione transitoria capace di compromettere la propria sicurezza. È una sensibilità che da tempo trova spazio nel Corpo Nazionale Vigili del fuoco che l’ha trasformata in uno strumento guida sia nella gestione del soccorso sia nell’elaborazione delle indicazioni normative in materia di antincendio. Cosi rispetto a tempo fa non & difficile sentir parlare di sicurezza inclusiva in vari contesti. Il Codice di prevenzione incendi e le più recenti disposizioni in materia di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ne sono testimonianza e stanno accompagnando il mondo della progettazione verso traguardi che possono andare oltre il semplice adempimento amministrativo.

 

Riferimenti [1]“Milioni di persone soffrono a causa di una condizione di salute che, in un ambiente sfavorevole, diventa disabilita” Tratto dalla nota introduttiva di Matilde Leonardia “ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilita e della Salute”, Erickson (https://apps.who.int/iris/ bitstream/handle/10665/42417/9788879466288._ita.pdf) [2] Schiavone E, Zanut S., “Persone reali e sicurezza inclusiva. Il contributo della progettazione inclusiva alla sicurezza di tutti”, Antincendio, 1/2021. [3] Legge 3/3/2009, n. 18 (ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilita). [4] La “fatica neurologica” è la sensazione di estrema debolezza o stanchezza che può insorgere nelle persone affette da sclerosi multipla in qualsiasi momento della giornata. Ha una durata variabile e non & sempre uguale a sé stessa. Per questo & importante sapere se nell’ambiente considerato vi sono anche persone con SM, che a fronte dello stress causato da un’emergenza potrebbero non essere capaci di completare autonomamente l’evacuazione. Da qui la necessita di definire diverse lunghezze dei percorsi d’esodo e/o la presenza di spazi calmi. [5] Zanut S. e Somma R., “La nuova formazione antincendio: il dietro le quinte”, in Quaderni della Sicurezza AIFOS, n.1,2023.

 

Bibliografia Schiavone E., Zanut S., “Persone reali e sicurezza inclusiva. Il contributo della progettazione inclusiva alla sicurezza di tutti”, Antincendio, n.1, 2021. * Riggi L., “L’esodo e la progettazione inclusiva: excursus normativo’, Antincendio, n. 1, 2021. e Zanut S., “Piani di emergenza: l caso studio delle gallerie degli Uffizi”, Antincendio, n. 3, 2020. e Zanut S., “Beni culturali, accessibilità e sicurezza: la scommessa della progettazione inclusiva”, Antincendio, n.1,2019. e Zanut S., Schiavone E., “Ergonomia, disabilita ed emergenza. Considerare la resilienza funzionale ad un evento straordinario’, Rivista Italiana di Ergonomia, n. 15, 2017. e Zanut S. e Somma R., “La nuova formazione antincendio: il dietro le quinte”, in Quaderni della Sicurezza AIFOS, n.1,2023.

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